Yaddo: il rifugio degli artisti


Philip Roth, Jonathan Franzen, Hanna Arendt, Virgil Thomson. Che cosa hanno in comune tra loro questi (e molti altri, a dire il vero) artisti e scrittori? Non soltanto la consacrazione della loro vita all’arte, ma anche l’aver trascorso dei periodi di ritiro creativo in una delle case per artisti più famosa del mondo: Yaddo.
Non l’avete mai sentita nominare?
La prima volta che io ne ho letto il nome, è stato nella biografia di Truman Capote, lo scrittore di Colazione da Tiffany e A sangue freddo. Anche lui aveva trascorso dei periodi di ritiro in quel luogo.

Yaddo è un ritiro per artisti. Probabilmente il  più famoso e prolifico ritiro per artisti negli Stati Uniti, che ha dato rifugio per periodi che variano dalle due settimane a due mesi a 66 premi Pulitzer, 61 National Book Award, 1 premio Nobel, 24 National Book Critics e a molti, molti altri artisti che hanno meritato altri riconoscimenti.
Yaddo si trova a Saratoga Springs, nello stato di New York e nasce nei primi del novecento dall’idea di un filantropo, Spencer Trask e di sua moglie Katrina Nichols, una poetessa. La coppia, dopo aver perso tutti e quattro i loro figli, decise di trasformare la propria tenuta, acquistata nel 1881 in una residenza per artisti. Tutti i tipi di artisti.
“Noi desideriamo fondare qui una casa permanente dove di tanto in tanto possano stabilirsi autori, pittori, scultori, musicisti e altri artisti, sia uomini che donne, per sostare e rigenerarsi; pochi di numero e scelti per le loro idee creative.”
Queste le parole chiare che si trovano a pagina quattro del  testamento dei due soci fondatori: una bellissima dichiarazione d’intenti, considerato che risale agli anni 20 del novecento E Yaddo ha perfettamente perseguito il proprio scopo, cui rimane fedele ancora oggi. Può sembrare strano in un’epoca di viaggi low cost dove ogni luogo è vicino, ma Yaddo è ancora oggi una meta ambita da molti artisti: a fronte dei 200 posti disponibili, arrivano circa 2000 domande l’anno. 
La giornata degli artisti è strutturata in maniera molto semplice: dalle nove del mattino alle quattro del pomeriggio ci si dedica al lavoro individuale o comunque non si disturba il lavoro degli altri. Dalle quattro in poi si possono ricevere visite (ma non all’interno dell’edificio principale) e la sera gli ospiti cenano tutti insieme. Dalle dieci di sera  ricomincia il lavoro individuale e il “momento della quiete”. A ciascun ospite viene assegnato uno studio privato; ci sono studi per coreografi, pittori, scultori e anche una camera oscura. Yaddo non fornisce i materiali, ovviamente. Le attrezzature disponibili sono essenziali: un pianoforte, una biblioteca, studi di dimensioni diverse a seconda delle esigenze. Non è aperta ai visitatori: solo i giardini sono visitabili. Inoltre gli ospiti soggiornano del tutto gratuitamente: Yaddo si finanzia, per circa un terzo con le donazioni dei propri ex ospiti, oltre che con raccolte fondi. La scrittrice Patricia Higsmith, per esempio, nel 1995 alla sua morte lascò in eredità a Yaddo una proprietà immobile del valore di 3 milioni di dollari.

L’arte si nutre di arte. È un lavoro a tempo pieno e richiede completa dedizione. È bello pensare che in un'epoca così frenetica, esista ancora un luogo in cui ci si possa immergere completamente nei propri progetti creativi, circondati da altre menti ispirate.


Foto Credit: Library Of Congress, Detroit Publishing Collection number 071556.
http://hdl.loc.gov/loc.pnp/det.4a23516

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