Un mestiere utile

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Per molto tempo, da ragazzina, ho immaginato che da adulta avrei fatto un lavoro "utile". A lungo mi sono immaginata medico, beatamente incurante che la mia scarsa predisposizione per le materie scientifiche mi avrebbe precluso questa professione. 
Poi è stata la volta dell'insegnamento, durata poco, perchè tra tutti i miei difetti uno dei più grandi è sicuramente quello della scarsa pazienza: mai avrei potuto gestire 24 bambini/ragazzini/adolescenti e conservare intatto il mio equilibrio mentale. 
Di contro c'è sempre stata la mia sfrenata passione per i libri, che non riguardava semplicemente la lettura. Ovviamente mi piace molto leggere, ma al di là di questo, io nutro una reale e sincera adorazione per il libro come oggetto.

Non posso passare davanti a una libreria senza sentire l'impulso di entrare per annusare l'odore dei libri nuovi. Non posso entrare in una casa senza essere attratta dai libri presenti sugli scaffali (quando ci sono). Non posso imbattermi in uno scatolone con vecchie e ammuffite pubblicazioni, senza che io resista alla tentazione di sbirciare dentro. Stare in mezzo ai libri, sentire che loro sono lì quando io ne ho bisogno, mi fa sentire bene. Perciò pian piano negli anni si è fatta strada dentro di me la consapevolezza che per stare bene nel mio lavoro, avrei dovuto essere circondata dai libri. Via via, studiando, ho capito che lavorare in una biblioteca poteva essere  una strada percorribile, addirittura auspicabile per me, perchè avrebbe unito la mia innata passione al mio vecchio desiderio di bambina: fare una professione utile.
Ma utile in che senso? direte voi. A cosa serve esattamente un bibliotecario, soprattutto al giorno d'oggi? 
Chiaramente ad avermi attratto per prima è stata l'idea di poter contagiare positivamente gli altri con il mio amore per i libri e la lettura: non desideravo che gli altri leggessero perchè io dicevo loro di farlo, ma volevo letteralmente far venire la voglia di leggere a chi mi ascoltava e a chi richiedeva i miei consigli. Ma questa è solo la superficie di una professione che, svolta nelle migliori condizioni auspicabili, potrebbe davvero fare la differenza.
Negli anni infatti questa figura professionale si è arricchita di molte sfaccettature inerenti il mondo del digitale, dell'informatica, del virtuale. Il bibliotecario è oggi una sorta di facilitatore, che nel magma delle informazioni più o meno attendibili sa scegliere e fornire al proprio interlocutore/utente una risposta adeguata alla domanda, sia essa inerente un libro, un articolo, una ricerca, una notizia. Mai come in questa epoca in cui siamo subissati da stimoli e informazioni diverse e spesso false, si rende necessaria la presenza di qualcuno che sappia scegliere. Un unico post è insufficiente per illustrare in maniera esaustiva tutte le competenze che dovrebbe possedere un professionista dell'informazione. Scrivo dovrebbe, perchè purtroppo tutto questo discorso si scontra con quella che è la dura realtà: una realtà fatta di povertà di risorse e di fondi da parte delle amministrazioni. Una realtà fatta di scarso riconoscimento sociale (non avete idea delle volte in cui mi hanno apostrofato con "Ma tu non eri quella che lavorava in libreria?": bibliotecari e librai, chissà perchè, si confondono nell'immaginario comune). Certo, la situazione non è uguale dappertutto: tra Nord e Sud della nostra penisola ci sono differenze talmente profonde da dare l'impressione di trovarsi in due paesi diversi.
La mia professione mi è cara, ma è molto frustrante, per quelli come me che hanno fatto studi ad hoc (comprensivi di lauree, master, perfezionamenti universitari), vedere i servizio bibliotecari in mano a volontari di associazioni, impiegati del servizio civile o del comune trasferiti lì da altri uffici. È triste non essere riconosciuti come professionisti (i bibliotecari non hanno un proprio albo professionale, come sarebbe giusto che fosse). È limitante pensare che il pensiero comune ci vuole intenti a leggere libri e spolverare scaffali tutto il giorno, svalutando e svilendo il nostro operato. Potremmo essere molto di più se solo ce lo lasciassero fare. Potremmo essere un ponte, una congiunzione tra chi desidera sapere, ma non ha gli strumenti per orientarsi e la miriade di materiale informativo, di notizie, di novità editoriali. Sono quasi 15 anni che lavoro in biblioteca e ancora si è mosso ben poco. Solo attraverso la consapevolezza del nostro valore di utilità sociale e con la rivendicazione dello stesso, forse è possibile che qualcosa cambi.

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