In ricordo di Harold Bloom


Per una pura casualità (o per uno scherzo del destino) nella mia personale libreria il volume di Harold Bloom dal titolo Il canone americano si trova proprio accanto alla mia copia di On writing di Stephen King: non credo che il Maestro avrebbe apprezzato il fatto di trovarsi accanto al Re. Il critico americano infatti definiva King garbage, spazzatura. 
Harold Bloom è morto il 14 ottobre scorso e, pur trovandomi a galassie di distanza da lui, intellettualmente parlando, ci accomunava la devozione verso i classici e la sensazione, anzi la certezza, che fossero ben pochi gli scrittori meritevoli di essere letti attualmente viventi. Forse ci accomunava anche la scarsa diplomazia quando si trattava di dire alcune cose. Certo, lui era Harold Bloom e poteva farlo. Poteva dire che dare il Nobel a Dario Fo era stata una scelta ridicola, che Toni Morrison scriveva libri da supermarket e che Stephen King era il male assoluto (forse però quest'ultima definizione non sarebbe dispiaciuta al re dell'horror, chissà). Su certe posizioni era ed è rimasto fino alla fine irremovibile. Molti scrittori contemporanei lo ignoravano, facendo finta che le sue posizioni, spesso considerate obsolete e anche un po' sessiste, (nel suo famoso canone si trovano ben poche donne considerate come scrittrici imprescindibili) fossero le manie di un signore un po' ostinato e ageé. 
Io credo che il parere di Bloom sia imprescindibile a livello letterario, se parliamo di valutare gli scrittori in base alla loro reale genialità. Sul tema del genio letterario Bloom ha scritto anche un corposo saggio a inizi anni 2000: Il genio: il senso dell'eccellenza attraverso le vite di cento individui non comuni. Nella prefazione alla sua opera, Bloom ammette che quelli di cui parla nel libro non sono gli unici scrittori di genio, ma i cento di cui aveva voglia di parlare. Cento geni del linguaggio, l'area di competenza di Bloom.

Coloro che hanno liquidato il genio come feticcio del XVIII secolo sono scettici. Il pensiero di massa è la rovina dell'era dell'informazione ed è ancora più nocivo nelle nostre obsolete istituzioni accademiche, il cui lungo suicidio è in corso dal 1967.Lo studio della mediocrità, qualunque sia la sua origine, genera mediocrità.

Su questo punto Bloom non ha mai ceduto: quando si tratta di altri campi della nostra vita, ci rifiutiamo di accettare tutto quello che non è ben fatto, perfetto, che non regge i colpi del tempo. Perché per la letteratura non dovrebbe valere la stessa cosa? 
Il critico americano rivendica l'importanza di quella genialità letteraria che dobbiamo ringraziare e venerare perchè ci regala una saggezza che altrimenti ci sarebbe preclusa.
Io sono una lettrice di Stephen King, ne apprezzo lo stile letterario scorrevole, la fantasia multiforme, la capacità affabulatoria. Non posso non inchinarmi davanti a uno scrittore così talentuoso. Io non penso che negli anni questo scrittore verrà dimenticato, perchè alcuni suoi lavori sono davvero grandi opere di fiction. A suo modo e nel suo genere King è un genio. E tuttavia, pur non essendo sulla stessa lunghezza d'onda di Bloom sotto questo punto di vista, capisco ciò che il critico vuole dire quando parla dello scrittore horror. Di tutti i romanzi scritti da King, ve ne sono solo una manciata davvero meritevoli, gli altri sono puro intrattenimento. 
Scrivere meno, scrivere meglio, puntare alla grandezza, scrivere qualcosa di davvero memorabile, qualcosa che ci arricchisca.
Un punto di vista che non può non essere considerato, nella mare magnum delle nostre editorie.
Pur continuando a leggere anche scrittori meno impegnativi, saper cogliere la differenza tra intrattenimento e arricchimento, può essere importante, proprio per non cadere nella mediocrità.

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