Eravamo tutti vivi



"La morte cambia le cose dei vivi.

Mi piacciono gli incipit lapidari. Quelli che ti catturano subito. Non sempre il resto di un romanzo rimane al livello di quel fulminante avvio, ma non è il caso della prima opera di Claudia Grendene, Eravamo tutti vivi, edito da Marsilio. Si tratta di un romanzo uscito già da un po' nelle librerie, ma che mi è stato consigliato da una persona che conosco e i cui suggerimenti reputo sempre interessanti.



La storia racconta l’amicizia di un gruppo di ragazzi dai tempi dell’università al momento in cui si svolgono i fatti, ovvero poco oltre i loro quarant'anni d'età.
Ci sono romanzi che io definisco inevitabili, nel senso che si possono scrivere solo in un preciso momento della vita e questo probabilmente lo è per la sua autrice, bibliotecaria padovana classe '72. E' il romanzo dei bilanci, della nostalgia. Due tematiche che sento molto mie. Il romanzo lo fa chi legge, perchè ciascuno di noi leggendo un'opera vi troverà ciò che vuole trovarvi.
Attraverso un andamento temporale a ritroso ripercorriamo la vita di Isabella e Elia, Chiara e Max, Agnese e Alberto e Anita a Padova, dagli anni novanta ai giorni nostri. 
Quasi tutti laureati, alcuni sposati, come Isabella e Elia che hanno attraversato insieme momenti difficili in una relazione burrascosa, a causa della famiglia di provenienza di Elia, e che quando sembra abbiano coronato il loro sogno (casa, bambino, lavoro stabile) sono presi da una una stanchezza e da una sorta di noia, che porteranno Elia a tradire Isabella. Una sorta di dejavù. Come a dire: non è possibile per l'uomo accontentarsi. 
D'altronde le famiglie di provenienza dei protagonisti sono praticamente tutte costellate da problemi che le rendono più dei posti da abbandonare che dei luoghi sicuri: padri violenti o delinquenti, madri morte, assenti o deboli. Sorelle tossicodipendenti. C'è anche l'amicizia, in questo libro, ma non è  un sentimento che io ho avvertito come preponderante. Gli amici sembrano essere più uniti dalla nostalgia dei tempi passati, soprattutto dopo che Max se n'è andato lontano da tutti , che dalla reale volontà di stare insieme per affetto reciproco. Sono tutti troppo presi dalle proprie esistenze, che si equivalgono quanto a successi e fallimenti. 
Ho trovato di gusto molto retrò l'amore infelice dei due cugini, Anita e Alberto il cui destino sembra più segnato dalla scarsa spina dorsale di lui che da reali impedimenti. 
Nel complesso si può dire che i personaggi siano vividi e riusciti.
Aspettiamo di leggere presto il secondo romanzo.